A distanza di poco più di venti anni dalla caduta del
governo Prodi ad opera dell’uomo in cashemere della sinistra italiana, che in
verità non fu il solo responsabile del ritorno a Palazzo Chigi dell’ex
cavaliere di Arcore, un altro esponente della pseudo-sinistra reduce
politicamente da sonore sconfitte, sventolando pur condivisibili motivazioni
dal sapore più strumentale che sostanziale, fedele ad una tradizione italiana
che ha attraversato la prima e seconda Repubblica, ha deciso il ritiro della
sua esigua rappresentanza dalla compagine governativa mettendo in moto l’ormai
abituale caccia al parlamentare finalizzata alla sopravvivenza dell’esecutivo a
parte le gradite sorprese di due esponenti di Forza Italia di cui una spinta a
quanto sembra da spirito di vendetta per un amore tradito e di qualche ex
pentastellato desideroso di poter occupare un posto nel Governo indicando anche
nell’Agricoltura la sua massima aspirazione.
Gossip a parte, tra amori perduti e senatori in cerca
di prestigiosa collocazione, nessuna novità se non la costante della
irresponsabilità e della mediocrità di una classe politica che non sarà
certamente la riduzione della stessa a migliorarne la qualità.
Fin qui soltanto la scena di un film dal finale
scontato, prevedibile con un protagonista anche produttore, regista e
sceneggiatore di una trama costruita come un puzzle la cui composizione,
cominciata già da qualche anno, non ha collocato ancora gli ultimi tasselli che
non tarderanno ad essere posizionati.
Sarebbe ingiusto e scorretto non tracciarne il
contesto dai contorni davvero singolari che hanno portato alla formazione dei
due recenti governi e individuarne le radici e quindi le gravi responsabilità
che hanno favorito strane alleanza prive di ogni identità ideologica
caratterizzate unicamente dalla voglia di potere, dall’esserci ad ogni costo
rinnegando valori, se pur non condivisibili, ma comunque elementi cardine sui
quali è stato costruito un percorso teso a rottamare tutto e tutti per poi
negarlo alla prova dei fatti con l’unico obiettivo di conquistare il potere per
il potere.
Quella forza del rinnovamento radicale ha consentito
un’alleanza perversa con la peggiore forza politica della destra, condividendo
ogni provvedimento e tacendo al cospetto di comportamenti indegni di un
esponente di governo che trasferì la delicata sede del Viminale a Milano
marittima tra mohiti e lap-dance. Ha indicato un Presidente del Consiglio che
con nonchalance ha presieduto governi, almeno sul piano formale, politicamente
diversi, passato da fantasma a figura centrale, da trumpista a entusiasta del
nuovo corso americano, in un attimo, un trasformismo brachettiano del migliore
illusionismo.
Ciò non esclude la delicatissima fase dettata dalla
pandemia che si è trovato a dover gestire, con tutti gli errori possibili ma
anche con la capacità di ricucire rapporti con l’Europa ricavandone benefici
per il nostro Paese e non ultimo, di acquisire un rilevante consenso personale.
Questo il contesto in cui il peggiore renzismo si è
articolato, soltanto un fotogramma di quel film già visto e prevedibile, avendo
gioco facile in un panorama politico debole che non saranno di certo possibili
elezioni a cambiare sostanzialmente, elezioni richieste con cadenza quotidiana,
martellante da quella destra anch’essa del migliore trasformismo al potere per
anni, approvando leggi ad personam per l’ex cavaliere, fino a spergiurare che
Ruby fosse la nipote di Mubarak, provvedimenti del Governo Monti compreso la
legge Fornero, fondo salva stati e che oggi ne chiede l’abolizione. Quella
destra oggi scandalizzata dalla ricerca di consensi in Parlamento costata fino
ad ora due senatori a Forza Italia e che altri potrebbe perderne per costituire
quella quarta gamba venuta meno, è la stessa del mercato delle vacche dei
Razzi, Scilipoti e di quel senatore pagato tre milioni di euro da Silvio
Berlusconi per far cadere il governo Prodi.
A differenza del passato c’è un elemento nuovo che
potrebbe in qualche modo fare la differenza in quella ricerca di consensi in
Parlamento per sostenere una maggioranza zoppa costituito proprio dal
Presidente del Consiglio, figura alquanto anomala ma che oltre ad avere un
indice di gradimento abbastanza rilevante nell’opinione pubblica, secondo
alcuni analisti valutato oltre il 10% dei consensi elettorali, potrebbe
costituire sotto mentite spoglie un gruppo parlamentare a sostegno del suo
esecutivo, con europeisti anti-sovranisti e, da non
escludere, anche da opportunisti.
Anche se il ricorso alle urne è lo sbocco più naturale
in una sana democrazia, la situazione contingente, la crisi pandemica sia
sanitaria che economica dai tempi lunghi e l’imminente elezione del Capo dello
Stato inducono ad una riflessione più attenta e ai possibili sviluppi dagli
esiti incerti e non ultimo ad una possibilità di ritorno al governo del Paese
di quelle forze che per lunghi anni hanno portato l’Italia allo sfascio e in
pochi mesi, in tempi più recenti, parte di esse ha dato il peggio in quanto a
strategie eversive che hanno prodotto un clima divisivo, intollerante e di odio.
Da non sottovalutare quanto estratto dal cilindro in queste ore
dall’imprevedibile Matteo del Papeete, la possibilità di eleggere alla
presidenza della Repubblica il plurindagato e condannato Silvio Berlusconi,
eventualità possibile con un ritorno del centrodestra alla guida del Paese e
che forse potrebbe non dispiacere all’altro Matteo per completare la tessitura
di quella tela cominciata al Nazareno.
La domanda in questi giorni più frequente, a seguito
di dichiarazioni di parlamentari ed ex esponenti di governo di Italia Viva, è
quella sulla possibilità di un rientro nella maggioranza di un Matteo Renzi
terrorizzato dalla eventualità di un ritorno alle urne che potrebbe portarlo
con ogni probabilità sotto la soglia del 3%, rientro escluso dagli altri
partiti della coalizione ma non dal Presidente Conte non pienamente convinto di
ricercare una quarta gamba in tempi brevi e pienamente affidabile.
Un PD comprensibilmente non disponibile a riallacciare
un dialogo con IV ma disponibile ad un’alleanza anche con Berlusconi, un altro suicidio
annunciato in stile renziano.
Le dimissioni presentate al Capo dello
Stato con la prospettiva di un possibile reincarico al Presidente per tutte le
stagioni con una maggioranza tutta da inventare in tempi brevissimi, una crisi
che preoccupa Bruxelles per l’instabilità politica e sulla possibilità che
possano tornare al potere quelle forze politiche euroscettiche, preoccupazioni,
in verità, non solo per il nostro Paese ma anche per qualche altro stato
europeo.
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