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sabato 26 novembre 2016

Cuba

Sono particolarmente onorato e felice di ospitare una riflessione su Fidel Castro del Prof. Giovanni de Simone, Professore Ordinario di medicina Interna, Responsabile di una Unità Operativa Complessa di Medicina d'Urgenza nel Policlinico Federico II e Professore Aggiunto di Medicina a Weill-Cornell Medicine (New York), Presidente eletto del Council on Hypertension dell'European Society of Cardiology e nella lista dei Top Italian Scientists, nel settore Clinical Science.
Testimonianza lucida e obiettiva su una figura storica controversa, in queste ore oggetto di troppe superficiali e qualunquistiche analisi. (A.S.)


                          Sono stato a Cuba nel 1987 insieme ad un caro amico e collega, invitato da un pezzo grosso, per partecipare al Congresso di Cardiologia Cubano. Sono stato a L’Avana per una settimana, alloggiato all’Habana Libre, l’ex Hilton. Svolsi la relazione che mi era stata assegnata in Italiano, perché il mio inglese era veramente elementare e dello spagnolo non sapevo nulla (però forse avrei potuto parlare in napoletano, chissà…).
La percezione di povertà estrema fu immediata e quella di regime oppressivo pure. Prostituzione, negozi off-limits per i cubani, ma libertà totale per noi. L’impressione di estrema limitazione delle libertà personali, però cozzava contro la felicità della gente. Ma non la gente che ci era imposto di incontrare, perché non avemmo nessuna restrizione, ma quella normale che incontravi per strada, nelle boutique di pelletteria, nelle fabbriche di sigari (fatti a mano), nei ristoranti aperti ai non cubani, o persino al Tropicana.
Ma come è possibile, mi chiedevo, che a fronte di una limitazione delle libertà personali evidente ed alla scarsezza di risorse, anche di prima necessità, la gente fosse contenta? Chi erano quelli che scappavano? Le risposte, parziali, assai parziali, come si possono avere in una settimana di vita, pur intensa, da turista, vennero mano a mano che ci si faceva toccare con mano il tasso, incredibile per un paese sudamericano, di alfabetizzazione e ci venivano mostrati i miracoli della sanità cubana: un ospedale fantastico, programmi di ricerca e di assistenza avanzatissimi con alcuni settori (per esempio la cardiochirurgia), punti di riferimento per tutto il continente (ed oggi ci sono americani che di soppiatto se ne vanno là a farsi operare). Ma non era solo quello.
La medicina arrivata nei più remoti villaggi, una vertiginosa riduzione (se vogliamo in pochi anni) delle malattie trasmissibili. E tutti mangiavano, poco e male magari, ma mangiavano, facendo le fila per comprare il pane, ma alla fine il pane c’era. Poi ho studiato un pochino ed ho scoperto anche le innovazioni della riforma agraria ed altro. Socialismo reale, ma diverso da quello sovietico, in cui l’oppressione ha finito per essere il dominus del regime, abbandonando la popolazione al loro destino.
Castro aveva soddisfatto bisogni essenziali, salute ed istruzione, contemporaneamente generando un sistema di distribuzione della ricchezza (o, se preferite, della povertà) che soddisfaceva le esigenze primarie di tutti. Nello stesso tempo, metteva in essere un regime selvaggiamente poliziesco, oppressivo e sanguinario, con quelli che non si adeguavano alle nuove regole, costringendoli alla fuga, per evitare conseguenze peggiori. 
Viste con gli occhi di uno come me che vive di cose non necessarie, gli effetti oppressivi del regime possono colpire di più, ma per un cubano che abbia ancora memoria di che cosa era l’isola sotto la morsa di Batista, quello che Castro ha realizzato è quasi miracoloso. Ecco. Io non voglio rassegnarmi all’idea che per ottenere una distribuzione della ricchezza equa, assistenza sanitaria ed alfabetizzazione per tutti sia imprescindibile sopprimere il dissenso ed instaurare una feroce dittatura.
Noi siamo l’Europa, non il Sudamerica. Abbiamo dato i Natali a Rousseaux e Voltaire e la nostra dose di regimi sanguinari l’abbiamo avuta, non solo nel 1793, ma anche, pure peggiore, 140 anni dopo. Io e quelli come me, restano ancora abbarbicati all’idea che tutto si può fare ma che ci sono esigenze inalienabili, innanzitutto salute ed istruzione, che non dovrebbero mai essere oggetto di negoziazione o, peggio di profitto. Va bene tutto il resto, libertà totale su tutto, ma non su questi due cardini. 
Castro diceva che sarebbe stata la storia a giudicarlo e penso che avesse ragione.

Il mondo ha perso un punto di riferimento per miliardi di persone, che piaccia o no. 
Giovanni de Simone






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