Ricevo dall'amico Rosario Savino,bravo e noto neuropsichiatra infantile che opera in una delle zone più degradate della periferia di Napoli con il più alto tasso di criminalità in Italia, l'intervento sotto riportato. Il futuro di questo quartiere, abitato da tantissime famiglie di lavoratori, è affidato all'impegno di alcune associazioni di volontariato e dalla Parrocchia, impegnate costantemente sul territorio.Ti scrivo da Scampìa,per raccontare un episodio di vita vissuta che mi è capitato circa tre mesi or sono.
In un caldo pomeriggio di Settembre, mi viene chiesto di fare una visita domiciliare, urgente , ad un ragazzo di 15 aa., tetraplegico grave ,costretto a letto da circa tre anni , da quando a seguito di un grave incidente aveva riportato una lesione grave del midollo cervicale, tale da paralizzarlo completamente dalla testa in giù ,dopo due anni di peregrinazioni tra Ospedali e Centri specializzati per la Riabilitazione ( dopo essere stato anche in coma per diversi mesi) , finalmente in quel caldo Settembre napoletano era ritornato alla sua dimora. Il papà di E. mi viene a prelevare con una vecchia Fiat sgangherata e dopo pochi minuti siamo nel cuore di Scampìa, esattamente alle falde di uno dei mostri di cemento denominati “vele”( una di quelle che qualche intellettuale strambo vorrebbe conservare quale monumento dell’Architettura del ‘900…..).Il signore che mi accompagna, con una manovra proditoria , attraversa un ballatoio strettissimo, che conduce direttamente ad uno dei corridoi antistanti le abitazioni del piano terra, corridoio che nel tempo è divenuto il parcheggio interno della vela . Mi guardo intorno ,con circospezione e, nel rivolgere il mio sguardo verso il basso, vedo nel corridoio sottostante uno spettacolo agghiacciante: dappertutto vi sono cumuli di masserizie,carcasse di frigoriferi ,elettrodomestici, materassi ,motorini abbandonati, mi viene in mente un’immagine di un girone dell’Inferno dantesco……eppure ho la netta sensazione di essere in un luogo familiare , un posto che conosco , un” deja vù”…pur essendo sicuro di non esservi mai stato prima di allora ( infatti pur lavorando da più di dieci anni in quel quartiere e zone limitrofe , non ero mai entrato in una vela)…il papà del ragazzo, forse cogliendo la mia espressione di stupore e perplessità mi dice :”sapete questa è la più famosa delle vele , perché proprio qui hanno girato alcune delle scene di “Gomorra”, infatti molti degli abitanti dell’epoca sono stati impegnati come comparse nel film……” Ah ! penso dentro di me ecco svelato l’arcano della familiarità di questo luogo. Mentre sto per aprire la portiera dell’auto ,sento picchiare contro il vetro, mi giro di scatto ed impatto nel volto di un minaccioso “pitbull” che mi ringhia contro…..mi irrigidisco e dico che non posso scendere dall’auto ,con quel pericolo vivente. Il mio accompagnatore scoppia a ridere e si mette a urlare verso la belva :”Cumparie’ , statte quiete , vattenne o’duttore e robba mia,sta cummè,vattenne mappine !” d’improvviso, come per incanto, di fronte alle parole magiche ,la bestia moggia , moggia, si allontana ed io riesco ad aprire quello sportello.
L’abitazione del nostro amico è al terzo piano , naturalmente l’ascensore non funziona da decenni ,in quanto la porta d’ingresso è tutta deformata e la mia guida mi spiega , che il motore è stato asportato ,dopo qualche settimana dall’installazione , per destinarlo ad altri edifici o per rivenderlo allo scasso. Le soglie di marmo delle scale, sono state tutte divelte ed asportate ,per cui nel salire a piedi bisogna fare attenzione ai gradini sconnessi di pietra grezza , mi domando come faranno a scendere e soprattutto a risalire gli abitanti del 17° piano , dal momento che pare che la gran parte non siano atleti o sportivi in forma fisica eccellente. Mi dicono che vi sono alcuni anziani malati, ai piani alti ,che ormai da qualche lustro, non mettono più il naso fuori casa e che la loro sopravvivenza dipende solo dalla carità dei congiunti, amici o volontari che assicurano l’approvvigionamento di cibo e medicinali.
L’abitazione del nostro amico è al terzo piano , naturalmente l’ascensore non funziona da decenni ,in quanto la porta d’ingresso è tutta deformata e la mia guida mi spiega , che il motore è stato asportato ,dopo qualche settimana dall’installazione , per destinarlo ad altri edifici o per rivenderlo allo scasso. Le soglie di marmo delle scale, sono state tutte divelte ed asportate ,per cui nel salire a piedi bisogna fare attenzione ai gradini sconnessi di pietra grezza , mi domando come faranno a scendere e soprattutto a risalire gli abitanti del 17° piano , dal momento che pare che la gran parte non siano atleti o sportivi in forma fisica eccellente. Mi dicono che vi sono alcuni anziani malati, ai piani alti ,che ormai da qualche lustro, non mettono più il naso fuori casa e che la loro sopravvivenza dipende solo dalla carità dei congiunti, amici o volontari che assicurano l’approvvigionamento di cibo e medicinali.
Finalmente, arriviamo all’appartamento in cui è ricoverato E. , mi colpisce che nell’aprire la porta, viene spostato un grosso salsicciotto imbottito posto dietro alla stessa , penso agli spifferi invernali , anche se oggi ci sono 30°C all’ombra, il papà di E. ,mi chiarisce che quell’affare sta lì per impedire l’ingresso degli intrusi….” Dottò ce stanne cierte ‘ zoccole , la notte ,cchiù grosse dei scoiattoli e allora ci dobbiamo difendere in qualche modo!”All’interno dell’appartamento sono stupito dell’igiene, pulizia ed ordine, della dignità nella semplicità, che stridono violentemente con tutto il grigiore e lo squallore che ho lasciato al di là di quella porta. Entro nella stanza di E. e subito provo un dolore lancinante alla bocca dello stomaco , un bruciore intenso ( pensavo di essere un medico navigato, con trent’anni di esperienza alle spalle, presumevo di essere immune da certi emozioni veementi…..e invece….no!) in un letto, giaceva inerte un ragazzone di un metro e settanta , con l’espressione dolce di un bambino e con occhi che dicevano e descrivevano, più di mille parole. Paralizzato dalla testa in giù, E., riusciva solo a girare il capo e con questo movimento poteva orientare un puntatore, che gli consentiva di azionare un PC , per scrivere , giocare , chattare ecc.. Nel visitarlo ,tra le altre cose , riscontravo una vasta piaga da decubito ad una natica. Un tumulto di pensieri ,emozioni ,ricordi mi hanno invaso la testa , fino quasi a farla implodere , ho dovuto lottare con me stesso , per non scappare via e per svolgere al meglio il mio lavoro di medico. Troppe domande , troppi perché , troppa empatia , troppa impotenza e tanto altro, affollavano e si agitavano nel mio piccolo cervello ,sentimenti che oscillavano dalla pietas alla rabbia, dall’agitazione alla rassegnazione, dalla preghiera alla disillusione.
Mi sono fatto forza ed ho trovato le parole più semplici e spontanee che mi sgorgavano dal di dentro, per dialogare un po’ con un fratello sofferente e devo dire che quello che mi ha stupito violentemente è stata l’immensa , sovrumana forza e speranza di questo ragazzo, che mi sorrideva e mi diceva che ora ,tornato, finalmente ,nella sua casa si sentiva meglio ( dopo due anni di peregrinazioni tra i vari ricoveri ospedalieri) , non si sentiva più solo, perché c’erano tanti giovani della Parrocchia di Scampìa, che venivano a fargli visita quotidianamente e con loro poteva scherzare , ascoltare musica ,sfogarsi nei momenti di depressione. Certo ,gli mancavano la passeggiata in cortile o per strada , la partitella a pallone ed in particolare la scuola , i professori , la sua classe di 3 Media che aveva dovuto abbandonare due anni or sono ,infatti mi chiedeva di poter riprendere in qualsiasi modo gli studi perché il suo desiderio di apprendere , di crescere e di arricchirsi intellettivamente e sul piano sociale erano ancora molto forti in lui.
Caro direttore , vi sarebbero centinaia di considerazioni da fare , le lascio a te ed ai tuoi cari lettori, io tra le altre mi sono interrogato a lungo sul significato della sofferenza , della disabilità , dell’ambiente urbano , delle barriere architettoniche e delle barriere mentali ed in particolare su cosa significhi e soprattutto cosa comporti la sfortuna o la disavventura di essere nati e vivere o meglio cercare di sopravvivere nella periferia Napoletana :a Scampìa…. Si badi bene ..a Scampìa non nel terzo o quarto mondo!
Rosario Savino
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