Questa mattina alle ore 11 a Palazzo San Giacomo, il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris conferirà un riconoscimento alla Signorina Elena Di Toro, l'Angelo dell'Annunziata che ha dedicato tutta la sua vita lavorativa ed ancora oggi continua la sua opera come volontaria per i bambini dell'ospedale
Emilia Emiliani che insieme ad Anna Arecchia è responsabile del Comitato Nazionale per il Diritto alle Origini Biologiche è oggi pienamente soddisfatta assieme alle centinaia di aderenti al comitato che si batte da anni per la modifica della Legge 184/83 richiesta anche dalla Corte Costituzionale (Un Parlamento al servizio dei cittadini ?), per aver vinto oggi un'altra battaglia con l'alto riconoscimento che questa mattina Il Sindaco De Magistris conferirà ad Elena Di Toro, questa donna a ragion veduta definita un Angelo.
Ritengo fare cosa gradita agli amici di questo Blog, riportare integralmente quanto Emilia ha postato sulla pagina FB del Comitato, è una bella storia, una storia di altri tempi che fa tanto bene all'anima.
Dott. Raffaele D'Errico
Questa è una di quelle grandi storie nascoste di cui è ricca la nostra terra partenopea.
Affonda le sue radici in quella mirabile istituzione partenopea nota come la Real Casa Santa Annunziata. Un luogo eretto in epoca angioina, come ex voto, da due Nobili Napoletani liberati dalla prigioni, dove le famiglie meno abbienti potevano abbandonare i bambini appena nati per assicurare loro un futuro e una vita migliore. Dietro quella famosa “Ruota degli esposti dell’Annunziata” (da cui nasce anche il cognome più famoso della nostra città, gli Esposito), si svilupperà una storia che sa di fiaba, quella della “Signorina Di Toro”, mirabilmente narrata dal Dottor Francesco Pecci sulle pagine del mese di dicembre del nostro Bollettino di informazione dell’Ordine dei medici di Napoli dal titolo:
“La fiaba della «signorina Di Toro».
La storia di Elena: una vita dedicata ai piccoli dell'Annunziata”.
Esiste a Napoli una "favola" che da secoli si tramanda. È quella della "Madonna della Scarpetta" che, di notte, nel silenzio dei sogni di mille bambini ospitati nel Brefotrofio dell'Annunziata, vaga, leggera e invisibile, tra i lettini dei bambini "abbandonati" negli ingranaggi della Ruota, dispensando carezze. Lei, vicemadre di tante madri povere e disperate che sperando in un futuro migliore per i loro piccoli fecero il grande e sofferto rifiuto. Le sue scarpette consumate, cambiate periodicamente ad opera di artigiani devoti, testimoniano la sua instancabile operosità, che è poi la forza incoercibile che spinge una mamma, per amore, al massimo sacrificio per i figli. La storia della Madonna della Scarpetta continua nei secoli; non è una credenza, è religione pura, un atto di fede: lo stesso che spinge ancor oggi i genitori di bambini malati a raggiungere la Cappella delle Suore dell'Annunziata per baciare la scarpetta mentre chiedono la grazia per i loro figli.
Sette secoli di storia della medicina e di accoglienza sono passati, ma la devozione per la Madonna della Scarpetta continua ad esistere ed a resistere; ha resistito a guerre, carestie, e terribili epidemie che hanno dimezzato la popolazione napoletana, ha resistito alla miseria sociale che tuttora pervade la nostra città.
È possibile che nella realtà attuale, tecnocratica e ingiusta, vi sia ancora qualcuno che
continui, nella pratica quotidiana, a svolgere il compito di vigilare con cura amorevole e con passione, all'interno di un ospedale, sulla buona salute dei bambini ricoverati?
È possibile. All'Ospedale dell'Annunziata è possibile. Lo fa da 65 anni, senza un giorno di riposo, mai, e sempre con la stessa cura e dedizione una minuta donnina, dal volto dolcissimo, che ha fatto del suo "lavoro” in ospedale la ragione stessa della sua esistenza. È la signorina Di Toro. Molti non ne ricordano nemmeno il bellissimo nome di battesimo: Elena; perché per tutti è la signorina Di Toro. Ancora minorenne (a quell'epoca la maggiore età si raggiungeva a 21 anni, e lei ne aveva solo 18), nel settembre del '47, per caso sente per radio che si tiene un corso all'Annunziata per puericultrici. Manifestò il desiderio di farlo, e sua madre per tutta risposta disse: «Tu non vai da nessuna parte!». Il giorno dopo Elena andò all'allora Brefotrofio dell'Annunziata (che cesserà di esistere come tale 1124.12.1987), era l'epoca della nascita della penicillina, e si presentò all'allora direttore il professore Ruggiero Vaglio. Appena lui la vide, le disse: «È venuta per il corso?». Elena rispose di sì, e lui: «Faccia subito la domanda, e la dia a me!»
Il 20.9.1947 iniziò il corso, e la signorina Di Toro era fra le allieve. Sarebbe poi stata assunta il 1° giugno del'48. Era Sovraintendente Generale della Real Casa dell'Annunziata il professore Roberto Mercurio, e sotto di lui vi erano i vari Governatori. Allora i medici del Brefotrofio erano tutti volontari! Dei mille e mille episodi che ha vissuto tra e con i bimbi abbandonati mi sa dire solo: «Il bello e la gioia era che eravamo piene di bimbi abbandonati che curavamo. Noi ci attaccavamo ai bambini e loro a noi, che eravamo presenti di giorno e di notte, sempre. Mi sentivo una madre degli abbandonati» All'epoca l'Annunziata era l' unica Scuola per Puericultrici dell'Italia meridionale. Non riesco a strapparle altri ricordi che pure animano la sua mente vivace e lucida a fronte degli 84 anni ben portati. Il lungo esercizio all'umiltà e al servire in silenzio e con devozione i piccoli abbandonati e/o malati e i suoi superiori, hanno forgiato un carattere che nulla concede all'autocelebrazione e ad alcunché sappia, anche lontanamente, di sfoggio di virtù. Dalle sue parole solo l'ammirazione e la stima per le colleghe, e i medici, e tra i tanti che si avvicendarono i Francesco Lagonigro, gli Alfredo Loffredo, i Luigi Amitrano, e tanti altri che dal `48 al '50 erano volontari; poi questi andarono via e si iniziò ad assumere. Ma gli occhi le brillano, un ricordo di cui ama parlare c'è: la Festa dell'Annunziata, 1125 marzo; la festa con doni per i bimbi da parte del quartiere; Festa della Madonna con messa solenne celebrata all'interno della Basilica del Vanvitelli le cui mura si fondono con quelle dell'Annunziata a creare un continuum architettonico. E allora ecco che frammenti di tante storie che la riguardano affiorano dalle fonti più diverse ma dalle quali, nei racconti, traspare un affetto riconoscente e un amore profondo per la signorina Di Toro.
È notte fonda quando tanti anni fa dall'accettazione la chiamano. Un bimbetto di pochi giorni è in fin di vita; i medici lo danno per spacciato. All'epoca non vi erano i mezzi, i farmaci, e i servizi che vi sono ora; e non vi era nemmeno l'ascensore per salire ai piani. La signorina Di Toro dopo pochi secondi è là; avvolge il piccolo quasi esanime nella sua sottoveste, si leva le scarpe per correre più velocemente, e mentre sale scalza gli antichi scaloni in pietra, pratica al piccolo tutte le manovre per rianimarlo. Quei tre piani che la separano dal reparto prema-turi li fa quasi volando: ma poi, quando giunge in reparto, non consegna nelle mani dei medici il fagottino esanime raccolto in accettazione ma un bimbetto il cui cuore aveva ripreso a battere: era salvo! Cercando tra le fonti di storie come queste ne ho trovate innumerevoli. Una sera una giovane madre sta per gettare il figlioletto dalla finestra del terzo piano. Lei che percorreva sino a sera in lungo e largo l'ospedale, spesso levandosi le scarpe per non farsi sentire, per controllare che tutto andasse bene, la vede: agguanta il piccolo se lo mette in grembo e si accovaccia facendo scudo con il suo corpo per proteggerlo dai pugni e calci che la madre, in preda ad una verosimile crisi depressiva post-partuum, dirige verso il piccolo e verso di lei, che le ha impedito l'insano gesto. Un'altra creaturina è salva e, come spesso è accaduto all'Annunziata, la Divina Provvidenza ha preso le sembianze della signorina Di Toro.
Ormai è sera tardi la signorina rincasa, ma il suo lavoro non è finito. La sera porta a casa i vestitini sporchi dell'ultima cambiata dei bimbetti del Brefotrofio, per riportarli la mattina alle sei, in ospedale, lavati e stirati da lei a casa sua. Ogni giorno dell'anno per oltre 60 anni la signorina Di Toro è lì; mai malattia la fermò, e non si fermò neanche quando con il piede rotto ed ingessato a seguito di uno scippo pagò di tasca propria e per tutta la durata dell'infermità un taxi perché la accompagnasse in ospedale, per non mancare nemmeno un giorno "dalla sua famiglia".
E di questa sua famiglia fa parte anche Francesco. La sua storia inizia all'età di 20 giorni quando, in preda a convulsioni, viene ricoverato all'Annunziata. Sono gli anni '70 e Francesco ha bisogno di essere guardato a vista, è affetto da glicogenosi di Tipo I. La signorina Di Toro è lì. Non lo lascia un attimo e Francesco le si lega in maniera particolare. In seguito, cresciuto, durante il corso del suo lungo ricovero E chiamerà per nome il personale, ma lei, la signorina Di Toro, la chiamerà Mamma. E la gente dice ...«come gli somiglia, è tale e quale alla mamma! si vede che la poveretta non ha a chi lasciarlo a casa e se lo porta con sé al lavoro».
Francesco resta all'Annunziata per quasi 3 anni. Ma alla dimissione non vuole tornare in famiglia dicendo che la sua mamma vera era Elena e la mamma biologica era "l'altra mamma". Ora ha 43 anni, è sposato e ha 2 figli ma non c'è Natale o altra festa che non vada a casa della signorina Di Toro per fare gli auguri alla "sua Mamma". Ma una mamma per i propri figli è disposta anche al sacrificio estremo. E, anche se Elena non ve lo confermerà mai, abbiamo saputo che all'epoca del Brefotrofio se ve n'era bisogno, donava ripetutamente, contro ogni regola dettata dal cronotempario medico, il sangue per i piccoli "ospiti" abbandonati. Continuare...? La offenderemo, lei che di sé non vuol sentir parlare. Ed allora non meravigliatevi se alcuni anni or sono, al rientro in patria, una delegazione di medici ed infermieri venuti in visita all'Annunziata dalla Germania nell'ambito di un progetto di scambi culturali, volle ringraziare in modo particolare la signorina Di Toro dalla cui figura erano rimasti particolarmente colpiti. La lettera spedita dalla Germania non recava alcuna intestazione, solo: «Ospedale Annunziata - All'angelo del Pronto Soccorso». La lettera fu recapitata immediatamente nelle mani di Elena.
Grazie, Antonio, per aver colto il mio orgoglio e la mia felicità. Il riconoscimento che, come comitato per il diritto alle origini, abbiamo fortemente voluto per il nostro angelo Elena Di Toro, ha rappresentato una testimonianza delle nostre storie, ma, soprattutto, e della Storia di questa nostra incasinata, ma generosa e meravigliosa città.
RispondiEliminaGrazie a te, ad Anna e a tante altre che con caparbietà portate avanti una battaglia di civiltà e di tanto in tanto cogliete anche qualche fiore straordinario come questa persona che in qualche modo ha fatto parte delle vostre storie personali.
EliminaCarlo Fedele
RispondiEliminaUna bella storia...
Angela Talu
RispondiEliminaChe meraviglia sapere che in questo nostro mondo dove c'è sempre meno amore per il prossimo ,esista un simile "angelo"
Ruggiero Marisa
RispondiEliminaPeccato non poter partecipare.
Cristina Zara
RispondiEliminaCommovente! Quanto bene fa al cuore leggere queste storie! Grazie